La Bibbia come “Grande codice” della cultura occidentale: l’esperienza della Lectio Biblica del Centro Paolo VI

Tra le esperienze più importanti e significative che il Centro Culturale Paolo VI abbia svolto nella città di Rimini, c’è certamente quella della Lectio Biblica.
Essa nacque dall’esigenza di mettere a confronto la riflessione culturale con il testo biblico, troppo a lungo – e per motivi ideologici - emarginato in Italia dai percorsi scolastici e universitari[1], nella consapevolezza che «Il Vecchio e il Nuovo Testamento sono il Grande Codice dell'arte». Questa frase del poeta William Blake è divenuta famosa per un saggio fortunatissimo di un critico letterario canadese[2]. La Bibbia può essere pensata il "Grande Codice" della cultura occidentale, in due sensi: primo perché la Bibbia ha fornito al mondo cristiano nei millenni un grande repertorio di immagini, di personaggi, di espressioni, di pensiero e di indicazioni religiose, etiche e morali. In secondo luogo perché ne ha anche insegnato la forma espressiva, dettando in un qualche modo le leggi del narrare e dell'interpretare. In confronto all'immaginario mitologico-narrativo della classicità greco-romana, la Bibbia si colloca dunque come "l'altro" grande referente della nostra civiltà, e non secondo a quello, in quanto la coscienza "biblica" ha sempre posto il problema della dimensione reale e storica di quanto è in essa narrato, confinando così la mitologia classica (almeno nelle sue riedizioni medioevali, rinascimentali e romantiche) nella pura linea della metafora e dell'allegoria, mantenendo invece per la narrazione biblica la dimensione del simbolo e della realtà[3]. E’ d’obbligo chiedersi quali siano i benefici ed i limiti di un approccio "culturale" in senso ampio alla Bibbia. Tra i benefici si potrebbe sicuramente elencare il fatto che un accostamento alla Bibbia con gli strumenti critici del campo letterario permette di mostrare meglio le dimensioni antropologiche del testo biblico. Questo tipo di approccio restituisce alla Bibbia tutta la sua dimensione di grande testo dell'uomo e non contraddice la dimensione inspirata del testo. Sottolineare questa dimensione "umana" della Bibbia (che significa anche dare risalto alla cultura nella quale è stata prodotta senza affrettarsi a dover cercare un senso "ulteriore" di tipo teologico e spirituale) aiuta una lettura credente a non scivolare nel fondamentalismo perché le impone di rispettare la dimensione storica del testo. Un altro beneficio dell'accostamento alla Bibbia attraverso la dimensione culturale è quello di mostrare l'ampiezza interpretativa dello spirito umano. Sotto questo profilo possiamo davvero ammirare come la Bibbia presenti molte forme espressive nel testo stesso, dalla cronaca alla poesia, dalla canzone alla parabola, solo per citarne alcune… Un ultimo innegabile beneficio è che il testo biblico essendo esso stesso il frutto di numerosi apporti interculturali obbliga chiaramente ad una interdisciplinarietà ed anche al confronto tra le varie tradizioni credenti (principalmente l'Ebraismo, il Cristianesimo e l'Islam) che a tale testo fanno riferimento. Questo veicola nell'approccio al testo biblico anche tanti elementi di carattere pedagogico e didattico per cui tante voci si sono levate nella cultura italiana ed europea per uno studio della narrazione biblica nelle scuole, istanze recepite in gran parte anche nei rinnovati programmi di Insegnamento della Religione Cattolica in Italia. Questi benefici hanno però un limite che deve essere ben chiaro. Si tratta del rispetto non solo della storicità del testo, ma anche del contesto religioso che ha trasmesso questo testo. Una lettura "culturale" della Bibbia non può essere mai una lettura de-contestualizzata e dunque una lettura "laicista" cioè che non tenga conto delle tradizioni religiose che tale narrazione hanno veicolato nei millenni come testo di supporto alla fede oltre che al pensiero. Certamente un non credente potrà accostarsi al testo biblico, e dare un suo contributo originale, ma sarà sempre obbligato a fare i conti con il contesto religioso nel quale questo testo è stato prodotto e nel quale ancora oggi viene letto e trasmesso.
Proprio sull’onda di queste intuizioni il centro Culturale Paolo VI volle esprimere nell’ambito del dibattito culturale riminese una serie di eventi capaci di suscitare l’interesse verso il testo biblico corredati, oltre che da un commento interpretativo, anche da un accostamento ermeneutico attraverso le arti pittoriche e musicali. Già in realtà l’Azione Cattolica diocesana aveva organizzato per un decennio circa alcuni appuntamenti durante l’estate, al Campo “Don Pippo” della Parrocchia di San Gaudenzo o sotto il porticato della Casa del Clero, ma si trattava di tre serate di formazione biblica sul Vangelo dell’anno liturgico oppure su Libri Biblici introdotti nella catechesi: il taglio era dunque, per quanto “aperto”, specificamente di carattere intraecclesiale.
Il Centro Paolo VI, a partire dal memorabile incontro sulla Creazione in Genesi 1-2, avvenuto nel 1997 con uno degli esegeti cattolici più importanti del panorama mondiale, il padre gesuita Louis Alonso Schökel insieme al Rabbino di Bologna, Dott. Sermoneta, diede vita nella città alla Lectio Biblica, una serata di cultura ritmata sulla presentazione di grandi questioni bibliche. Nell’anno succesivo, insieme al movimento cattolico di Rinascita Cristiana si invitò il padre gesuita Jean Louis Ska, docente presso il Pontificio Istituto Biblico, sull’Esodo.
Con l’indizione da parte del Vescovo di Rimini della “Missione del popolo al popolo” in preparazione al Giubileo del 2000, alla proposta del Centro Paolo VI si unirono altre due istanze, quella pastorale espressa dall’Ufficio Catechistico (Settore Apostolato Biblico) con l’esigenza di dare un corso sul libro biblico scelto per i Centri di Ascolto (il primo fu quello degli Atti degli Apostoli), la seconda quella più propriamente formativa legata all’Istituto di Scienze Religiose “A. Marvelli”. Nacquero così le Settimane Bibliche, momento di inizio dell’anno diocesano.
Unire queste direttrici non ha voluto dire tradire le istanze da cui ci si è mossi. Le settimane bibliche hanno da allora in poi, almeno nell’intenzione, assunto aspetti di carattere formativo e pastorale, ma con una specifica attenzione, almeno nella quarta serata di chiusura, alla dimensione culturale.
In questi anni sono stati così percorsi molti libri del Nuovo Testamento: i quattro vangeli, gli Atti degli Apostoli, la prima Lettera ai Corinzi e la Lettera ai Romani di San Paolo, la prima Lettera di Pietro, e – in quest’ultimo anno – il tema della Risurrezione di Cristo. Alla spiegazione esegetica sono sempre stati associati momenti di cararttere culturale come esecuzione di brani musicali (ovviamente associabili al testo), brani di letteratura recitati da attori professionisti, spiegazione di opere d’arte collegabili ai brani biblici trattati. Le serate, che vedono sempre la partecipazione di centinaia di persone, sono divenute ormai un’appuntamento atteso sia sul piano ecclesiale sia sul piano civile.
Questo stile, che, pur fedele alla intuizione iniziale di voler sollecitare la città al confronto con la lettura della Bibbia con carratteri culturali di qualità, si è comunque anche messo a disposizione con attenzione ad una cultura popolare e diffusa, ha generato anche eventi simili che sono stati offerti in varie località della Diocesi, di volta in volta animati dalle Parrocchie o da aggregazioni laicali. Ed è così che il Paolo VI è stato fedele al mandato statutario che si era dato fin dalla sua fondazione: coniugare la qualità alla divulgazione, perché la cultura, e segnatamente la conoscenza della Bibbia, potesse essere aperta e condivisa con tutti.
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[1] Si veda su questo punto il libro a cura del comitato Bibbia Cultura e Scuola, Bibbia il libro assente, Marietti, Casale Monferrato 1993.
[2]N. Frye, Il grande codice, Einaudi, Torino 1986.
[3] Non possiamo qui non citare il grande saggio di E. Auerbach
, Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale, 2 voll, Einaudi, Torino 1956; il primo capitolo prta un insuperato saggio di confronto tra l’Odissea e la Genesi, mostrando come nella Bibbia si abbia proprio la nascita del realismo letterario.