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23 gennaio 1998
Maastricht, Europa e stato sociale

3 febbraio 1998
Lettura e commento di Genesi 1,3

17 aprile 1998
Comunicare oggi Gesù Cristo

9 maggio 1998
La cultura cattolica alle soglie del terzo millennio

15 maggio 1998
La forma di governo nel progetto della bicamerale

4 dicembre 1998
L'incanto della bellezza. Montini Maritain e l'arte: il coraggio della contemporaneità

Quale la genesi e il senso de L'incanto della bellezza?
Questo progetto, nato innanzitutto dalla passione 'ingenua' di alcuni di noi per l'arte, ha trovato forza e humus nella lettura del messaggio che nel 1965 Paolo VI indirizzò agli artisti - fra cui Maritain, Guitton, Malipiero, Nervi e Ungaretti - dopo uno studio appassionato e meditato dell'opera di Maritain, la quale aveva offerto uno stimolo a rivalutare e a valorizzare l'arte moderna nell'ambito di un dialogo critico con la cultura contemporanea. Maritain già nel 1920, analizzando l'essenza e il valore dell'arte, era riuscito a cogliere la verità dell'arte moderna: "è bello ciò che dà gioia, non ogni gioia, ma la gioia del conoscere", gioia che un oggetto d'arte, se esalta e dà diletto all'anima "è buona da apprendere, è bella".
Ci è parso che, quindi, in quell'occasione Paolo VI abbia affermato qualcosa che può essere assunto quale pietra miliare nella storia di un dialogo ritrovato fra il mondo dell'arte e la Chiesa: "Questo mondo nel quale noi viviamo ha bisogno di bellezza per non affondare nella disperazione. La bellezza, come la verità, è ciò che mette la gioia nei cuori, è quel frutto prezioso che resiste all'usura del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell'ammirazione. E tutto questo attraverso le vostre mani!".
Del resto non è cosa nuova la convinzione che il bello, tradotto sensibilmente nella forma artistica, possa e debba essere un mezzo per parlare di verità all'uomo; "La bellezza salverà il mondo" asseriva Dostoevskij, perché passando dall'infinito al bello e all'arte (e viceversa) si può vivere lo stupore della catarsi, si può avvertire un segno della gratuità, del dono, dell'assoluto, si può dare accesso alla poetica delle cose e del cuore, si possono annullare l'angoscia e il desiderio senza appagamento che spesso insanguinano le pieghe della quotidianità.

Così è nata l’idea di un 'libro' che il Centro Culturale Paolo VI di Rimini si propone di‘scrivere’ sull'importanza etica ed ontologica - oltre che estetica - del Bello nella vita dell'uomo, un libro i cui ‘capitoli’ sono stati
Montini, Maritain e l'arte: il coraggio della contemporaneità, L'arte riflesso dell'infinito e, infine, Il suono dell'anima di padre Felice Scalia, gesuita della Comunità di Messina, teologo ed editorialista, e del maestro Manlio Benzi, direttore d'orchestra e compositore.
Nel 1999 Piero Viotto parlò della ‘pace ritrovata’ fra Chiesa e mondo dell’arte ad opera di Paolo VI e Maritain, quale si desume appunto dal messaggio consegnato agli artisti nel 1965. In quell’occasione venne operato un raccordo epocale fra verità e bellezza riconoscendo quindi agli artisti la capacità e il dono di unire le generazioni facendole comunicare nell’ammirazione del bello.

E’ per tali ragioni che questa sera abbiamo voluto con noi padre Giovanni Marchesi - docente di teologia al Pontificio Istituto Orientale dell’ Università Gregoriana, autore di numerosi saggi teologici e di vita ecclesiale, scrittore su “La civiltà Cattolica” dove - fra l’altro - ha commentato il messaggio del Papa agli artisti - il quale ci ha condotto sulla strada che dall’infinito, da Dio va al bello e all’arte, e Liliana Cosi - prima ballerina étoile della Scala, fondatrice con Marinel Stefanescu della Compagnia di Balletto Classico di Reggio Emilia - che è sicuramente ‘creatrice di bellezza ‘ la quale ci ha svelato le modalità secondo cui l’esperienza artistica concretamente vissuta può essere riflesso e anche tensione verso l’infinito.

"Unum loquuntur Omnia" ci ricorda la nota editoriale della collana discografica "Spirto Gentil". Molta musica di Schubert è questo urlo.

Anche la musica incarna il desiderio profondamente umano di infinito? Esiste un'universalità del Bello interiore e del Bello esteriore, in senso, cioè, ontologico ed estetico? E ancora, la musica è "natura" o è anche "cultura"? Wilhelm Heinrich Wackenroder, nelle Effusioni di un monaco amante dell’arte, eleva l’arte musicale a vera ed unica purezza, giudicandola arte ideale per condurre l’anima verso una condizione di sublimità. Analogamente Schelling definisce la musica come l’arte più spoglia di elementi corporali, nella misura in cui rappresenta il movimento puro in se stesso, staccato dall’oggetto e portato da ali invisibili, quali le ali stesse dello spirito. Lo stesso Beethoven intuì tutto questo e dopo aver ascoltato il Requiem di Mozart affermò: "Mozart è la prova tangibile dell’esistenza di Dio che ha voluto rivelarsi attraverso la sua musica". E questo prima delle esternazioni di Hegel e Schopenhauer!
Questi i quesiti e le riflessioni cui hanno dato risposta due relatori, che per mestiere e vocazione incarnano due poli del Bello: un religioso, che ha fatto del Bello interiore un faro di vita ed un luogo privilegiato di riflessione, ed un artista, che attraverso la musica sente e fa rivivere il respiro della Totalità. Non, dunque, uno scontro fra titani e paladini di due visioni antitetiche, ma un……..concerto a quattro mani sulle note del Bello!

Perché la poesia?

Poesia e letteratura non sondano forse l’abisso, non cercano l’appagamento, il senso profondo dell’essere individuale ed universale? L’arte - come la fede, ogni fede - non orienta ai contenuti eterni dell’uomo?
E la parola poetica ha un suo valore intrinseco, una ‘magia’ insopprimibile, quando, rendendo dicibile l’indicibile, trasferisce in formule significative l’ineffabile.
E ancora la parola poetica è ‘voce’…Non si può forse allora parlare di vocazione per il poeta al pari che per l’uomo di fede?
Nel libro ‘Cantico’ la religiosa Eliana Monaca così si esprime riguardo la bellezza “all’inizio c’è sempre la bellezza, che è semplicità totale. Per essa si può perdere tutto, lasciar cadere le difese e accogliere lo stupore. Allora si aprono i segreti del Regno. Primo fra essi, la gioia”
Due relatori del calibro di Mario Luzi e don Giorgio Mazzanti ci hanno con pienezza aiutati a riflettere – in virtù anche di una concreta testimonianza – sul connubio fra poesia e bellezza, che ci pare confermato da autorevoli interventi del Magistero e dall’acuta analisi di chi scorge nell’uomo post-moderno l’attesa che “nel suo fondo d’angoscia e di desiderio, la bellezza, venendogli nuovamente incontro, gli riapra l’accesso alla poetica delle cose e del cuore..”.